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Pietro Fragiacomo, il cantore delle luci di mezzo

La diciottesima monografia della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste è stata presentata questa sera al Museo Revoltella di Trieste. La presentazione è stata affidata a Nico Stringa, Docente di Arte Contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia. I principali campi d’interesse di Stringa sono la pittura e la scultura dalla fine del ‘700 ad oggi, con particolare attenzione alla scultura (Canova, De Fabris, Martini, Tasca) e alla pittura e alle arti decorative del XIX e XX secolo. Stringa è anche curatore di numerose mostre, tra le quali ricordiamo “Ottocento Veneto, il trionfo del colore” e “Venezia ‘900, da Boccioni a Vedova”. Alla presentazione sono intervenuti anche Lucio Delcaro, Vicepresidente del CdA della Fondazione CRTrieste, Giuseppe Pavanello, curatore della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste.

Nell’ambito della pittura veneta dell’Ottocento un posto di rilievo va assegnato al pittore Pietro Fragiacomo, nato a Trieste nel 1856 da genitori originari di Pirano d’Istria e dal 1863 trasferitosi stabilmente a Venezia. Qui scopre la sua vocazione pittorica seguendo i percorsi indicati dagli insegnamenti di Bresolin all’Accademia di Venezia, quindi dalla frequentazione di Guglielmo Ciardi e Giacomo Favretto, interpretando con nuovi accenti improntati al gusto elegiaco e crepuscolare, scorci e trasparenze della laguna

Il volume che la Fondazione CRTrieste ha scelto di dedicargli, curato da Andrea Baboni, conoscitore e storico dell’arte del XIX e inizi XX secolo, da sempre estimatore e studioso dell’artista, raccoglie e organizza in modo critico il cospicuo materiale iconografico e documentario, a volte inedito, relativo al pittore. L’operazione ha visto anche il recupero e il restauro di lastre fotografiche che dimostrano come Fragiacomo avesse usato l’innovativo mezzo della fotografia, talvolta per svilupparne soggetti nei suoi dipinti.

L’opera, che si innesta sul filone avviato e sperimentato delle monografie della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste, illustra con ricchezza dipinti e disegni conservati presso Istituzioni Museali, non solo italiane, opere provenienti da collezioni private e dal mercato antiquario, documentate sia per provenienza che per esame stilistico e diagnostico, disposte in sequenza prevalentemente cronologica, anche se in alcuni casi analogie di soggetti hanno reso opportuna una sequenza per tematiche.
Un attento spoglio della letteratura ha consentito inoltre la ricostruzione delle provenienze, dei percorsi collezionistici di ogni singola opera corredata da esauriente scheda critica. Segue un elenco delle Esposizioni nazionali e internazionali cui Fragiacomo partecipò, con citazione dei titoli delle opere esposte, per aiutare la chiarezza dei riferimenti.

Ne emerge una figura di grande spessore: pochi come lui seppero cogliere le luci e le atmosfere della laguna e soprattutto rendere con alta poesia quelle “luci di mezzo” che stanno fra il tramonto e l’imbrunire, rendendone rarefatta l’atmosfera. Pietro Fragiacomo è il cantore delle solitudini della laguna che amava percorrere remando instancabilmente con la barca od osservandone il variare delle luci dalla grande terrazza della sua casa aperta sulla laguna di Venezia alle Zattere.
Nei suoi dipinti il senso del vero si stempera come d’incanto in visioni sospese, atemporali. La serenità, la grazia di un cielo autunnale, di un’alba, i riflessi rosati dell’acqua, sono gli spettacoli della natura colti dalla sensibilità dell’Artista.

Triestino di nascita, anche se veneziano d’adozione, in realtà non smise mai di amare la sua città natale dove spesso tornava e dove tra il 1901 e 1903 lavorò, fra l’altro, nella decorazione di villa Gossleth, con affreschi di cui però non è rimasta traccia. Alla sua città natale rimane, fra le altre opere, uno dei suoi capolavori La campana della sera che si può tuttora ammirare al Museo Revoltella.

Specie nella stagione estiva Fragiacomo era solito fermarsi a Trieste (risulta che fosse in rapporti di amicizia non solo con i parenti della moglie, che vi risiedevano, ma anche con note famiglie cittadine come quella dei Paterlini nella cui villa Ombrosa usava far spesso sosta). Qui aveva stretto amicizia con il pittore Guido Grimani al quale nel 1906 inviava una cartolina che è rivelatrice, nel contenuto, sia del rapporto vivo che continuava ad avere con Trieste, sia del suo metodo di lavoro che si avvaleva non solo di studi sul vero, ma pure della fotografia. “Carissimo Grimani, questa cartolina coi populi [profili di navi ndr] le porta noia, abbia pazienza e mi scusi. Desidero avere una fotografia del molo S. Carlo con i piroscafi, visto dalla seconda finestra al mare partendo dalla Piazza Grande del Palazzo del Lloyd. Se ella possiede finalmente una macchina abbia la compiacenza di farmela. Può darsi che questa veduta si trovi in commercio, forse su qualche cartolina. Anzi se così fosse e se potesse trovarne una con i battelli a tamburo mi servirebbe in modo migliore. La ringrazio molto simpaticamente le invio cordialissimi saluti. Mi ricordi agli amici. Suo P. Fragiacomo.

A Grimani, che Fragiacomo sentiva particolarmente vicino per temperamento e sensibilità artistica, fu legato da sincera amicizia, stima e consonanza di sentire. Tra gli anni 1880 e 1890, Grimani frequentò l’ambiente artistico monacense riportandovi suggestioni che certo non passarono inosservate al giovane e curioso Fragiacomo, tanto da convincerlo a partire per Monaco una prima volta nel 1890 e poi nel 1892, così da trarne un’esperienza più diretta e personali declinazioni.

L’adesione agli ideali irredentisti e patriottici è aspetto di rilievo che documenta il legame del pittore alla città di Trieste. Passione che è documentata non solo da fotografie che ritraggono trincee e militari, e che furono utilizzate quale spunto per opere del periodo, ma soprattutto dalla realizzazione di un dipinto La Madonna della neve, nato dalla richiesta fattagli verso la fine del 1916, dall’amico colonnello Pizzarello, comandante dell’VIII reggimento alpini, per la cappella eretta dai combattenti sul Pal Grande in Carnia nella primavera dello stesso anno. Il quadro fu portato sul monte dallo stesso autore.

Nel novembre del 1918, al secondo giorno dell’occupazione italiana di Trieste, Fragiacomo volle a sua volta imbarcarsi per portare il suo saluto alla città liberata, affrontando un mare ancora infestato da mine. Con la fine della guerra gli scorci della città iniziano a comparire con maggior frequenza nella sua produzione pittorica in opere come Golfo di Trieste del 1922 e L’albero fiorito. Fragiacomo fu pittore di grande fortuna ai suoi tempi; partecipò e vinse spesso i primi premi alle numerose Esposizioni che si tenevano allora in Italia, in Europa ma anche Oltreoceano. Il Re e la Regina acquistarono molti dei suoi dipinti, di cui uno, Un saluto, si trova tuttora al Quirinale.

Non avendo eredi, alla sua morte nel 1922, sopraggiunta dopo la scomparsa della moglie e delle numerose sorelle, la sua produzione fu dispersa sul mercato.
Fragiacomo fu un pittore “modernissimo”, come diremmo oggi, in quanto, senza rinunciare al suo modo realistico di porsi di fronte alla realtà, toccò e fece suoi in modo personale i fermenti pittorici che si svilupparono tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX, cimentandosi anche in realizzazioni di arti applicate e decorazioni, secondo il gusto dell’epoca e assecondando le sue innate qualità di fine disegnatore. Egli, restando sempre fedele alla sua ispirazione, amò comunque soprattutto il mare e nel renderlo in ogni suo aspetto fu un vero maestro.

Più che un colorista, fu un pittore della luce realizzando nelle sue opere l’eredità di quelle raffinate lagune in cui il Guardi aveva raggiunto, nel secolo scorso, alti esiti poetici. Si colloca quindi come valido continuatore della tradizione pittorica veneta così come anticipatore dei nuovi fermenti; un artista di riferimento per la nostra cultura figurativa.

Il volume si innesta sul filone avviato e sperimentato delle monografie della Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste, ideale continuazione di quella edita dalla Cassa di Risparmio; una serie di prestigiosi volumi, curati dal 2006 da Giuseppe Pavanello, che danno voce a quella generazione di artisti dallo straordinario talento che si è formata e ha lasciato un segno nella Trieste tra Otto e Novecento e che testimonia la vivacità artistica di un periodo peculiare nella storia culturale cittadina, offrendo così agli studiosi un importante strumento di approfondimento e agli appassionati del settore un significativo contributo.

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