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La Collezione d’Arte
Edgardo Sambo
Marina
Olio su tela, cm 118 x 88

Al pari di altri pittori triestini protagonisti del Novecento, Sambo si formò all’Accademia di Belle Arti di Monaco sotto la guida di Karl von Marr, dopo una breve parentesi viennese. Nel 1911 riuscì a vincere la tanto ambita borsa di studio Rittmeyer per un soggiorno di tre anni a Roma, dove poté accostarsi alla lezione di Nino Costa e successivamente guardare con interesse agli esiti di Cézanne e Matisse, a partire dal 1913. L’opera Nudi al sole, vale a dire la grande tela che gli permise di compiere questo fruttuoso e decisivo soggiorno, è ora nelle collezioni della Fondazione. Dal taglio fortemente verticale, dal chiaro influsso dovuto al proprio maestro a Monaco e vicino agli esiti di un Edward Potthast (dal 1909 allievo di Marr), il dipinto mostra Sambo particolarmente preciso nello studio anatomico. E’ inoltre il primo quadro d’un certo impegno dell’artista. In tutt’altro clima nasce la Battaglia sul Piave, del 1920 circa, momento vissuto dal pittore in prima persona avendo ricoperto, proprio sulle sponde del fiume, il ruolo di tenente al diciassettesimo reggimento d’artiglieria di campagna e dove ancora, in termini stilistici, certa secessione era presente in lui. Il ritratto di donna del 1925 altri non è che la sorella Lidia, già ritratta nel 1912 in una versione di ascendenza simbolista, ma qui con Sambo ormai sensibile alle poetiche propugnate dal movimento Novecento Italiano della Sarfatti (nato a Milano nel 1922), con un vigoroso ritorno al mestiere e ad un’arte puramente italiana di gusto quattrocentista. Se la Marina viene realizzata intorno al 1940 nel solco di una tradizione cittadina portata naturalmente a queste raffigurazioni (Sambo aveva conosciuto e lavorato anche con Guido Grimani e Ugo Flumiani, campioni del genere marinistico a Trieste), il Mattino è dell’agosto 1960, come riportato al retro della tela, incompiuto e con Sambo che non rinuncia alla sua tipica cifra emotiva da narratore di spazi silenti. Realizzata poco prima del 1955, ovvero quando l’opera venne esposta alla XI Biennale d’Arte Triveneta di Padova, è la Giuditta ritagliata da una linea di contorno spessa e grossolana, dalla possente volumetria, ma immersa in un tempo sospeso.

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