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La Collezione d’Arte
Gianni Brumatti
Vaporino per l’Istria
Olio su tela applicata su tavola, cm 44 x 28

 

“Ho camminato il Carso per anni e anni fin dalla mia prima fanciullezza. La sua configurazione naturale è stata per me sempre motivo di attrazione[…] Ci ho consumato le mie sette scarpe di ferro a percorrerlo in lungo e in largo, e altre ne consumerò fino a che le gambe mi porteranno”. Questa dichiarazione genuina verso l’amato paesaggio carsico coglie l’essenza della produzione artistica di Gianni Brumatti, “sempre uguale ed uguale, serena, discreta” come ricordava Federico Righi nel 1955 (Sergio Molesi 1978).

Paesaggio è del 1953, costruito a sezioni rettangolari nette, aspre, lontano dagli esordi a contatto con Flumiani e Grimani, che frequentò al Circolo artistico triestino fra il 1926 ed il 1936. In quel ’53 Brumatti espose alla Società Promotrice di Belle Arti di Torino ma anche a Brescia, alla Mostra degli artisti contemporanei e a Roma, alla Mostra Nazionale dell’Agricoltura, a dimostrazione d’una fortuna espositiva, nonostante una vita appartata. Non nasconde un’ammirazione per Cézanne in Paesaggio carsico, costruito ritagliando le zone cromatiche. In questo senso è di interesse la considerazione di Molesi, il quale ammette ascendenze cézanniane “tramite l’esperienza parigina di Enrico Fonda, a quanto pare conosciuta da Brumatti”.

Quasi allucinatorie Contovello e Porticciolo di Muggia, appartenenti alla fase più cupa di Brumatti, in una visione di ascendenza espressionista dove ciò che conta è “la terra più che il cielo” (Sergio Molesi 1978) sebbene il cielo si specchi sulla terra.

Di ben diversa stesura pittorica Il saraceno matura e il Grano, dalla resa tonale e sfumata che mostrano il Brumatti uguale a se stesso dalla fine degli anni Venti, quello innamorato di talune soluzioni alla Sisley, e che lo tenevano lontano e impermeabile dalle ricerche degli amici Sbisà e Nathan.

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