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La “Madonna con Bambino” di Cima da Conegliano nel Palazzo delle Regione fino al 9 gennaio 2022

Ritorna anche quest’anno, nel Palazzo della Regione in Piazza Unità d’Italia a Trieste, “Un tesoro sconosciuto in un palazzo da scoprire”, l’’iniziativa che prevede l’esposizione per un mese di uno dei capolavori conservati nelle collezioni della regione.

L’opera scelta dalla Commissione, tra quelle presentate negli anni scorsi dai Comuni, presieduta dalla Soprintendente per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, Simonetta Bonomi, e composta dai Presidenti della Fondazione CRTrieste, Tiziana Benussi, della Fondazione CariGo, Alberto Bergamin, e della Fondazione Friuli, Giuseppe Morandini, per questa quarta edizione è la Madonna con Bambino di Cima da Conegliano, uno dei maggiori esponenti della scuola veneta del Quattrocento. L’opera, abitualmente conservata presso il Museo Civico di Gemona del Friuli, sarà accolta nell’atrio del Palazzo eccezionalmente aperto al pubblico dal oggi fino al 9 gennaio 2022, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 18. (25 dicembre escluso)

Il progetto, che ha l’obiettivo di riportare all’attenzione del pubblico opere di grande pregio sul tema della Natività, è nato per iniziativa della Presidenza e dell’Assessorato alla Cultura e allo Sport della Regione Friuli Venezia Giulia e si avvale della collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, delle Fondazioni CRTrieste, Cassa di Risparmio di Gorizia, e Fondazione Friuli di Udine e del contributo organizzativo di ERPAC. Grazie alla collaborazione con il FAI Fondo Ambiente Italiano regionale e con il Comune di Gemona del Friuli, sarà possibile scaricare tramite un QR Code la presentazione dell’opera raccontata da un giovane volontario del Fondo Ambiente Italiano.

La Madonna con bambino presentata quest’anno giunse a Gemona del Friuli  intorno al 1496-1498, probabilmente attraverso i frati minori osservanti che presero possesso della chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie e dell’annesso convento. Dipinta su tavola con colori a tempera – anche se sulla tecnica sussistono dei dubbi dal momento che oggi la pellicola pittorica è coperta da uno strato di vernice – è probabilmente la prima di una serie che l’artista dedica al tema del bambino seduto in grembo alla madre di cui accarezza il volto. La severità delle Madonne di Giovanni Bellini si stempera in forme di dolce umanità nella rappresentazione di un contatto tra madre e figlio. Sullo sfondo ondulazioni montuose, una cinta muraria e un corso d’acqua. Un cartiglio sulla balaustra in primo piano porta la firma Johannes Baptista Coneglianensis e la data 1496.

Ritenuta miracolosa, l’opera fu oggetto di forme di venerazione che la hanno presto danneggiata tanto che essa fu sottoposta a interventi di restauro già a partire dalla fine del Cinquecento. Danni furono probabilmente provocati dal fumo della lampada ad olio che doveva ardere perennemente di fronte ad essa fintanto che fu conservata in chiesa, ma durante il periodo di assenza dal convento di Gemona  del Friuli dei frati osservanti (1564-1579), il dipinto fu conservato da cittadini secolari. Quando ne tornarono in possesso nel 1579 i frati dovettero constare che la tavola presentava screpolature e buchi provocati probabilmente dall’abitudine di appendervi oggetti votivi. Fu richiesto infatti l’interessamento del Consiglio comunale che affidò il primo restauro probabilmente a un esponente della famiglia di pittori udinesi Secanti.

Dal raffronto fra la tavola di Gemona del Friuli  e le copie che ne furono fatte nel corso degli anni, ma anche dalla prima documentazione fotografica esistente, si nota come la fisionomia della Madonna sia stata modificata di restauro in restauro. Il volto come si presenta attualmente, giovanile e aggraziato, non trova corrispondenza in nessuno dei dipinti che trassero ispirazione da Cima.

L’opera di Cima fu oggetto di un singolare furto. Nel 1972, nella notte tra il 15 e 16 gennaio, fu sottratta da ignoti e dopo un anno e cinque mesi di ricerche fu ritrovata nella notte tra il 18 e il 19 giugno 1973 dagli agenti della Guardia di Finanza ai quali era giunta una segnalazione, dietro il cimitero di Risano in comune di Pavia di Udine. Da allora il prezioso dipinto non tornò più nella chiesa gemonese dove fu sostituito dalla copia realizzata nel 1590 da Secante Secanti, giovane esponente della numerosa famiglia di pittori ed intagliatori.

 

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