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La Collezione d’Arte
Luigi (Lojze) Spacal
La casa del pescatore
Incisione a colori, cm 39,7 x 51,4

Tra i pittori di spicco dell’avanguardia di area giuliana del Novecento, di Luigi Spacal (italianizzazione di Lojze) di recente è entrata pure un’opera prima nelle collezioni d’arte della Fondazione. Si tratta di Luna Park, tela eseguita nel 1954, ovvero quando l’artista “raggiunge il massimo grado di astrazione” e il motivo della città diviene centrale nelle proprie ricerche, mettendo per un attimo da parte il Carso. E’ un’opera che egli presenta, tradotta in litografia, alla Biennale di Venezia di quell’anno accanto ad altre dedicate alla città, a dimostrazione dell’importanza che egli attribuisce a questo lavoro. L’astrazione è totale e sulla tela il colore viene steso con estrema morbidezza di tono, facendo attenzione alla matericità; ne risulta, paragonato all’altra opera del periodo Città allo Specchio, una trama meno decorativa e di forte spinta ascensionale con meditazioni anche sulla poetica di Klee. I due lavori del 1957, vale a dire la Casa del pescatore e la Casa del fabbro, fanno parte di quel ritorno “alla calma ma non desolata mestizia che corrisponde all’indole del suo paesaggio carsico” componendo una “panoplia araldica nobilissima: ruota, giogo, cesta, rastrello sono le insegne di una sacralità antica sorretta da un’invenzione che è nella scelta delle cose prima che nella rappresentazione”. Di ben dieci anni dopo, quindi del 1967, è Miniera in Istria, completamente diversa nel linguaggio e nei toni così fortemente contrastati; scrive, a tal proposito, nel 1968 con Russoli e Pallucchini, Giulio Montenero nel catalogo dell’opera grafica dell’artista: “Liberato da ogni inceppo di tramiti descrittivi, indisponibile a qualificazioni sentimentali egli attinge qui ancora una volta la bruciante vitalità del presente.” Così Rodolfo Pallucchini, facendo un bilancio di Spacal sino agli esiti del 1967 afferma: “Più che a Saba, al quale Spacal è stato avvicinato per la “triestinità” dell’ispirazione, il linguaggio che egli si è venuto creando, dopo anni di lavoro quasi testardo, mi pare sia di un’organicità paragonabile a quella di Montale”.

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