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La Collezione d’Arte
Gianni Brumatti
Portorosega
Olio su tavola, cm 57,4 x 68,2

Ho camminato il Carso per anni e anni fin dalla mia prima fanciullezza. La sua configurazione naturale è stata per me sempre motivo di attrazione[…] Ci ho consumato le mie sette scarpe di ferro a percorrerlo in lungo e in largo, e altre ne consumerò fino a che le gambe mi porteranno…”. Questa dichiarazione genuina verso l’amato paesaggio carsico fanno di Gianni Brumatti la sua essenza pittorica, che è stata “sempre uguale ed uguale, serena, discreta” come ricordava il pittore Federico Righi nel 1955. Paesaggio è del 1953, costruito a sezioni rettangolari nette, aspre, lontano dagli esordi sfumati a contatto con Flumiani e Grimani, che frequentò al Circolo artistico triestino fra il 1926 ed il 1936. In quel ’53 Brumatti espose alla Società Promotrice di Belle Arti di Torino ma anche a Brescia alla Mostra degli artisti contemporanei e a Roma, alla Mostra Nazionale dell’Agricoltura, a dimostrazione d’una fortuna espositiva nonostante una vita appartata. Non nasconde un’ammirazione per Cézanne in Paesaggio carsico, pure costruito formalmente ritagliando le zone cromatiche. In questo senso pare interessante la considerazione di Molesi, il quale ammette ascendenze cézanniane “tramite l’esperienza parigina di Enrico Fonda, a quanto pare conosciuta da Brumatti.” Quasi allucinatorie le due opere Contovello e Porticciolo di Muggia, appartenenti alla fase più cupa di Brumatti, in una visione di ascendenza espressionista dove ciò che conta è “la terra più che il cielo” sebbene il cielo si specchi sulla terra.
Di ben altra fattura e stesura pittorica sono Il saraceno matura e il Grano, dalla resa tonale e sfumata che mostrano il Brumatti uguale a se stesso dalla fine degli anni Venti, quello innamorato di certe soluzioni di Sisley, e che lo tenevano lontano e impermeabile alle ricerche degli amici Sbisà e Nathan.

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